29 novembre 2012

All'oscuro di tutto!

Per quanto si voglia essere coraggiosi, sono tante le cose di cui un uomo qualsiasi può avere paura. Abituato a passare ogni giorno un po' di tempo dietro la finestra, una delle mie paure più grandi è quella di non riuscire più, un giorno, a vedere la luce ed i colori.
Il buio assoluto mi ha sempre impressionato, non per il suo colore nero che ha comunque il suo fascino; più che altro mi destabilizza la mancanza di riferimenti, l'incapacità di riconoscere lo spazio, l'impressione che il buio annienti quasi tutti gli altri sensi...se non vedo pare che non arrivo a toccare..., non c'è nulla da sentire, non ho voglia di mangiare o di riconoscere un profumo.

Un paio di mesi fa, in una chiacchierata tra amici, è spuntata l'ipotesi di andare a visitare una grotta. Ho accolto la proposta con lo spirito di chi è curioso ed insicuro di affrontare un percorso misterioso. Lì per lì ho pensato: "Mancano un sacco di giorni, di che mi preoccupo???". Un giorno dopo l'altro è arrivato il momento di preparare seriamente l'escursione sottoterra. Nel mio immaginario si sarebbe trattato di un viaggio in una fredda oscurità, rintanata nelle segrete della natura. Pensavo ad un posto pericolante e devastato da un disordine assoluto mascherato dalla mancanza di luce. Andarsi a ficcare negli intestini delle rocce mi faceva pensare a Pinocchio nella pancia della balena, con la differenza che al piccolo burattino bastò accendere un fuoco per farsi starnutire in salvo in mezzo al mare. Come avrei potuto farmi starnutire fuori da quei cunicoli di pietra?

Le verità sono due e, mescolate, fanno una: un po' mi sono fidato dell'esperienza dei miei amici; un po' ho letto su internet le esperienze di tutti quei fifoni come me che hanno fatto visita alle camere riservate della terra.


Domenica 25 novembre eravamo poco meno di venti amici, ognuno equipaggiato alla meglio: tute da lavoro, guanti da lavapiatti, caschi da motociclo, stivali da vendemmia e torce da "quando se ne va la luce"!
Già mascherati da finti speleologi, ci siamo incamminati verso l'ingresso della grotta di Campo Braca. Nel freddo secco di una mattinata quasi invernale, ecco il tombino di accesso chiuso, con una pietra, "a sepolcro"!!!


La verità è che il timore ed il rispetto per la natura non è bastato per frenare la mia curiosità di scendere a vedere cosa si nascondeva lassotto. Impaziente ho aspettato il mio turno e mi sono infilato in quell'ombelico buio. Un passo più avanti Sara mi ha spiegato di fare attenzione; Domenico mi ha detto di camminare accovacciato; Valeria mi ha portato la torcia che m'ero dimenticato sul prato sott'al sole! ERO DENTRO LA TERRA...anche se di un paio di metri!


Quell'ambiente mi ha accolto con il suo carattere di pietra. Mi ha fatto capire la mia piccolezza di uomo nel momento in cui l'unico modo di farmi strada era quello di inginocchiarmi, di sporcarmi le mani e di piegarmi con il corpo nel modo in cui i cunicoli mi obbligavano a fare.
La più grande fortuna è che non mi sono sentito mai solo e mai abbandonato: Domenico, Sara e Valeria hanno tenuto alta l'attenzione su ognuno di noi, me compreso. Se tutto è andato meravigliosamente bene è merito loro e mi sento di ringraziarli di cuore per l'esperienza che mi hanno permesso di fare.


Li ringrazio perché mi hanno "battezzato" nella grotta di Campo Braca! Il rito mi ha parecchio emozionato: nell'ultima camera che abbiamo visitato, vicino da un corso d'acqua di cui si sentivano solo gli scrosci, è stato intonato l'Inno Nazionale al termine del quale i nostri amici ci hanno segnato il viso con il fango della terra. Mi sono sentito davvero figlio della Natura e della mia Patria.
Poi abbiamo spento le torce, tolto la luce ai caschetti e riservato il massimo silenzio a favore dei suoni di quell'ambiente. Mi sono levato lo sfizio di sfilarmi il casco per ascoltare quello che succede sotto la pelle del mondo.
Più tardi sono riuscito dal pozzetto. Ma solo per prendere la macchina fotografica lasciata in superficie! A quel punto sono risceso ed avevo quasi voglia di restare lì dove c'erano i pipistrelli che, certe volte, svolazzano e pare che ti vogliono venire a sbattere sul muso. Io non ne ho fotografato manco uno, mi sono scordato!!! In realtà è proprio alla grotta che ho fatto poche foto: ho il problema che impiego tempo a familiarizzare con un posto prima di farci qualche scatto. Probabilmente, se dovessi avere la possibilità di tornarci, sarei sicuramente più disinvolto.


In fin dei conti non è poi così un dramma non essermi portato a casa chissà quali fotografie: mi è bastato conoscere un'altro pezzettino, piccolo piccolo, di questa terra.

3 commenti:

  1. Mario Gravina02/12/12, 00:16

    Deve essere stata un'esperienza emozionante, dal tuo racconto traspare tutta la soddisfazione di aver intrapreso quest'avventura.
    Sempre complimenti, Stefano!

    p.s.: su flickr ti si vede poco, e non solo su flickr.

    Ciao!

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  2. Ciao Stefano, anch'io ho fatto un'esperienza simile, forse ero troppo giovane per godermela, probabilmente troppo ingombrante per non soffrire nei cunicoli, ho vissuto tutto in maniera assai meno poetica anche se è stata indubbiamente una cosa interessante. Bellissimo il tuo racconto e le foto, as usual :-)

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