3 novembre 2014

Acquaviva in italiano...Živavoda Kruč in croato

Una volta parlai per una decina di minuti con un sordo muto: mi accorsi del suo disagio quando completai presentazione e discorso. Un'altra volta, invece, in mezzo a degli amici del nord Africa mi sono accorto di essere io il "muto". Proprio così: quando mi rendo conto che la mia lingua non può essere compresa da chi mi sta intorno entro nel panico! Il linguaggio è una cosa così strana...
Quando penso alle varie lingue volo con l'immaginazione oltre le Alpi, oltre il mediterraneo, eppure la mia mente non si può dire accorta a certi dettagli: in questo Molise qua, quasi più piccolo di una provincia, se ne sentono di tutti i dialetti. Quelli che mettono le "e" al posto di tutte le vocali; quelli cantilenati; quelli "ruvidi"; quelli del mare e quelli della montagna. Ma non solo: a pochi km (ma molte curve) da Campobasso ci sono paesi in cui si parla una lingua completamente diversa dalla nostra. Si tratta dei paesi che hanno radici balcaniche. Di questi posti ne so veramente poco e quello che so lo devo al mio caro amico Antonio che li sta studiando per la sua tesi di Laurea.
Le loro storie sono affascinanti e movimentate e ieri, per puro caso, mi sono trovato a viverne una parte girando dentro Acquaviva Collecroce.
Ero con Maria e Paquito, un boxerino con antenati tedeschi, nome spagnolo ed abbaio molisano!
Tutti e tre ci siamo avviati seguendo le indicazioni di Daniel, una voce femminile prestata al mio navigatore. Non so se mi fiderò ancora di lei visto che mi ha consigliato una strada fatta di curve abbinate a salite, dossi, discese e, sopratutto, fossi...VORAGINI!


Quando non ci credevamo quasi più, siamo arrivati alle porte del paese. Lì sono sceso per fotografare il paesaggio dominato dalla neve del Gran Sasso e proprio in quel momento sventolava un cartellino rosso nel campo che ospitava la partita tra Acquaviva (in maglia a scacchi, come quella della Croazia) e Guardialfiera!
Entrati nel paese abbiamo iniziato a girare tra i vicoli con il nome italiano e quello croato. Il borgo, seppure poco curato e prossimo a crollo, é un presepio: scalinate, archi, vicoli stretti e affacci sulle colline. Dentro le case diroccate si notano alcune particolarità che non ero abituato a vedere in Molise: mi vengono in mente i mattoni rossi usati per costruire, visibili dove manca l'intonaco oppure gli architravi fatti ad archi composti che restano in piedi solo per grazia divina.


Come al solito io giro nei borghi seguendo la curiosità per cui è raro che le mie passeggiate siano ordinate. Mi lascio condizionare dai dettagli, ingannare dai vicoli con i panni stessi ed incantare dalle voci e dai profumi di sugo, di frutta o di fiori.


Spesso questo modo di fare mi premia e questa volta è capitato di ascoltare  una voce giovane che parlava una lingua sconosciuta a cui si sovrapponeva una voce più anziana. Ho lasciato che per qualche minuto quelle voci non si accorgessero di noi e piano piano ho trovato la stradina che conduceva al dialogo straniero. Preso dalla curiosità ho pensato di uscire allo scoperto! Tra il rumore dell'acqua ed il profumo del vino nuovo ho trovato nonno e nipote che trascorrevano in serenità i minuti del tramonto. Il giovane lavava una grande damigiana evitando che il lavoro lo facesse suo nonno ancora vispo ma con l'aria di chi vuole solo godersi l'età della saggezza.


L'anziano aveva occhi chiari, la coppola sui capelli bianchi e un foulard giallo e rosso intorno alla gola. Mi ha sorpreso quando in un solo istante ha cambiato lingua iniziando a parlare con me in italiano. Dopo uno scambio rapido di battute lui se ne stava rientrando in casa ed ho provato a fotografarlo con il telefono. Ecco: quando serve la macchina fotografica non ce l'ho mai! Questa domenica l'avevo lasciata a casa per provare ad osservare e memorizzare il mondo solo con i miei occhi. Tentativo fallito alla grande.
Consapevole di non essere riuscito a fare il ritratto rubato che speravo, ho chiesto al buon uomo di farsi fotografare ed ha subito accettato accogliendo il mio suggerimento di sedersi su un gradino illuminato di taglio dall'arancio del tramonto. Proprio gradino era l'accesso alla sua casa natale incorniciata dai rami della vite. uno, due, tre...tanti scatti fatti alla meglio, forse non eccezionali nella resa ma incredibilmente evocativi nel contenuto. Terminata la "sessione" fotografica abbiamo continuato a chiacchierare e, prima di lasciar cadere il tramonto dietro l'Abruzzo, ci siamo salutati con un dito di un ottimo vino rosso frizzante!


Quanti portali scolpiti ho contato ad Acquaviva: portano ancora i segni del passaggio dei templari, altri simboli e finanche, sotto la Chiesa, il quadrato magico "rotas opera tenet arepo sator".


Si sa che passato il mese di ottobre la notte cala in fretta: alle 17.30 era già quasi buio e così, accompagnati dalle campane stonate, siamo ripartiti andandoci a perdere per una strada senza uscita. Fortuna ha voluto che un cacciatore, insospettito dalla nostra auto, ci ha seguito pensando che fossimo ladri/fuorilegge e, sceso dalla macchina con aria minacciosa, s'è ravveduto e ci ha indicato la strada per tornare a casa!